Apprendimento di sequenze motorie: nuove acquisizioni
GIOVANNI ROSSI
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 17 febbraio 2018.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La rappresentazione del mondo
intorno a noi, che il cervello costruisce al suo interno, acquisisce un valore
evidente e rilevante quando è impiegata per guidare il movimento. La maggior parte dei neurofisiologi ritiene che lo scopo
elettivo, se non esclusivo di questi costrutti sensoriali, sia determinare la
configurazione degli atti motori
generati dai sistemi dei neuroni di moto.
La ricerca ha infatti dimostrato che le rappresentazioni sensoriali
costituiscono l’ambito nel quale i sistemi motori pianificano, coordinano ed
eseguono i programmi responsabili dei movimenti intenzionali.
La produzione dell’enorme repertorio
di movimenti di cui siamo capaci, dai più semplici atti quotidiani agli
eleganti gesti della danza, dai movimenti fonoarticolatori
del parlato a quelli dello sguardo, avviene mediante un controllo esercitato
sugli stessi gruppi muscolari secondo tre modalità principali: volontaria, ritmica e riflessa. Si
dicono convenzionalmente volontari i
movimenti sotto il controllo del cervello; i movimenti ritmici sono originariamente controllati nella temporizzazione e
nella spazialità da circuiti automatici del midollo spinale e del tronco
encefalico, anche se possono essere riprodotti volontariamente; i movimenti riflessi sono risposte stereotipate a
stimoli specifici, generate da circuiti neuronici semplici del midollo spinale
e del tronco encefalico, e non sono soggetti a controllo volontario diretto.
È noto che i comandi motori
nascono da trasformazioni senso-motorie e che i segnali motori sono soggetti a
controllo a feedback e feedforward; allo stesso modo, è bene
conosciuta la capacità dei sistemi motori di adattarsi a condizioni ambientali
variabili o nuove. Infatti, sebbene l’evoluzione abbia definito per alcune
abilità “connessioni congenite principali stabili” – si pensi alla capacità di
un puledro appena nato di reggersi sugli arti inferiori per muovere i primi
passi – il controllo motorio non è gestito da sistemi neuronici a funzione fissa
e rigida, ma è fondato su gruppi neuronici capaci della plasticità necessaria
ad acquisire nuove abilità motorie.
Proprio questa capacità di
apprendimento, in un caso quale quello del controllo
motorio dello sguardo, rappresenta un importante modello di studio che sta consentendo
di acquisire nuove conoscenze.
Analizzando l’apprendimento di sequenze motorie secondo
i modelli correnti, che suggeriscono l’esistenza di meccanismi paralleli, Gonzalez e Burke hanno condotto uno studio interessante,
acquisendo anche una nozione nuova.
(Gonzalez C. C. e Burke M. R., Motor sequence learning in the brain: the long and short of it. Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuroscience.2018.01.061, 2018).
La provenienza
degli autori è la seguente: Department of Psychology, Thomson Rivers
University, Kamloops (Canada); Department of Psychology, Faculty of Medicine
and Health, University of Leeds (Regno Unito).
Ricordiamo che sei sistemi di
controllo neuronico consentono all’occhio di rimanere orientato sull’obiettivo
dello sguardo.
Durante il XIX secolo vari
studiosi di psicofisica, fra i quali emerge il medico, fisico e fisiologo
tedesco Hermann von Helmholtz (1821-1894), si
dedicarono allo studio scientifico della percezione visiva, comprendendo che
l’analisi dei movimenti oculari è essenziale per cercare di conoscere i
meccanismi dell’elaborazione cerebrale delle informazioni raccolte dal’occhio.
Tuttavia, né von Helmholtz né altri, si accorsero
dell’esistenza di più di un tipo di movimento oculare. Nel 1890 Edwin Landott scoprì un secondo tipo di movimento degli occhi:
quando si legge, gli occhi non si limitano a spostarsi con continuità lungo una
riga del testo, ma compiono rapidi movimenti intermittenti (sàccadi), ciascuno seguito da una
breve pausa.
Nel 1902 Raymond Dodge delineò
cinque distinti tipi di movimenti oculari, che rivolgono la fovea verso
l’oggetto da osservare. Tutti questi movimenti oculari condividono una via
effettrice che origina nei tre gruppi bilaterali di neuroni oculomotori del
tronco encefalico:
1)
i movimenti saccadici spostano la fovea rapidamente su un nuovo
obiettivo visivo;
2)
i movimenti di inseguimento continuo[1] tengono
sulla fovea l’immagine di un obiettivo mobile;
3)
i movimenti di convergenza muovono gli occhi nelle direzioni opposte
al fine di porre l’immagine al centro di entrambe le fovee;
4)
i riflessi vestibulo-oculari tengono le
immagini ferme sulla retina durante i brevi movimenti del capo;
5)
i movimenti ottocinetici mantengono le
immagini stazionarie durante le rotazioni o le traslazioni sostenute della
testa.
Un sesto
sistema, il sistema di fissazione,
garantisce la stazionarietà degli occhi durante lo sguardo intenzionale quando
la testa non si muove. Questa funzione richiede un’attiva soppressione dei
movimenti oculari[2].
Il sistema di inseguimento continuo (smooth-pursuit system)
tiene l’immagine di un “bersaglio mobile” sulla fovea, calcolando la velocità
del suo movimento e muovendo gli occhi alla stessa velocità. I movimenti
generati da questo sistema hanno un massimo di velocità angolare di circa 100
gradi per secondo, rimanendo anche in questo caso molto più lenti delle sàccadi. La qualità di questi movimenti può risentire
negativamente dell’effetto di farmaci, droghe psicotrope, alcool, affaticamento
e possono essere disturbati perfino dalla distrazione.
L’apprendimento
di sequenze motorie implica un’elaborazione previsionale che consente
l’anticipazione di ciascun elemento della successione di atti. Nell’inseguimento continuo, questa
elaborazione predittiva è richiesta per ridurre gli errori di tracciatura tra
l’occhio e lo stimolo. Il modello correntemente più seguito di apprendimento
delle sequenze motorie suggerisce l’attività di meccanismi paralleli nel
cervello, al fine di acquisire sequenze di differente complessità.
Gonzalez e Burke hanno sottoposto a
verifica tale modello, in uno studio condotto su volontari esaminati mediante
risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance
imaging). Gli schemi di attività cerebrale sviluppati durante le sequenze
più brevi sono stati paragonati a quelli associati alle sequenze più lunghe di
movimenti oculari di inseguimento. In tal modo, i due autori dello studio sono
stati in grado di identificare aree cerebrali comuni all’apprendimento
oculomotorio semplice e complesso, ed aree distinte, specifiche per ciascun
tipo.
I
partecipanti hanno rivelato movimenti di inseguimento degli occhi predittivi
dalla seconda presentazione dello stimolo, sia nella sequenza breve sia nella
sequenza lunga. I risultati delle immagini funzionali in risonanza magnetica
del cervello hanno indicato l’attivazione di aree cerebrali parallele per
differenti lunghezze di sequenza, con il giro
occipitale inferiore e la corteccia
del giro del cingolo quali regioni comuni. L’attivazione distinta è stata
trovata in più regioni del cervello associate alla working memory per le sequenze più brevi (ad
es.: la corteccia frontale media e la
corteccia prefrontale dorso-laterale);
una più alta attivazione nei campi oculari frontali, nella corteccia motoria
supplementare e nella corteccia motoria è stata rilevata per le sequenze più
lunghe, indipendentemente dal numero di ripetizioni.
Questi esiti
dello studio forniscono una nuova evidenza che vi sono aree cerebrali parallele,
che includono il circuito della working memory, per le sequenze brevi, e più aree motorie attive
quando la sequenza è più lunga e più impegnativa in termini cognitivi.
Infine, i
risultati ottenuti da Gonzalez e Burke sono i primi a
dimostrare che le regioni cerebrali parallele implicate nell’apprendimento di
sequenze di questo movimento oculare sono indipendenti dal numero di
ripetizioni, ma correlate alla complessità della sequenza.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E
NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Nella manualistica italiana l’espressione “smooth-pursuit movements” è stata resa per decenni con “movimenti dolci di inseguimento”. Smooth, che vuol dire liscio, si riferisce alla caratteristica di non essere movimenti a scatti, come quelli saccadici.
[2]
Michael E. Goldberg & Mark F. Walker, The
Control of Gaze, ch. 39, pp. 894-916, in Principles of Neural Sciences (Kandel, Schwartz, Jessel, Siegelbaum, Hudspeth, eds), fifth
edition, McGraw Hill, 2013.